Cosa è e a cosa serve l’Ashram.

Partiamo dal significato letterale.
“a” significa venire, “shram” significa lavorare, impegnarsi, coinvolgersi, essere un partecipante attivo.
Il termine Ashram indica quindi “il luogo dell’impegno” e si riferisce solitamente alla casa di una persona, in genere Maestro di Yoga, che ha scelto di togliersi dalla mondanità e dalla confusione presenti nella vita ordinaria.
Una scelta di isolarsi per cercare altro.
Luogo dell’impegno verso chi?
Verso se stessi. Nell’Ashram si svolge un tipo di lavoro che investe il Trimundio: lavoro fisico, energetico, spirituale.
Un luogo di quiete dove poter ascoltare i suoni (e i silenzi) della natura. Per facilitare la sintonizzazione con se stessi, per ritrovare le proprie spinte motivazionali più autentiche.
È un luogo di ricerca.
Non è un albergo, una pensione o un bed & breakfast. Non è nemmeno un monastero. È paragonabile all’esperienza occidentale dell’Eremo. Un posto isolato, immerso nella quiete per facilitare la connessione interiore.
In Ashram ci sono delle regole. Alcuni le interpretano come restrizioni della libertà.
In realtà sono tese esattamente all’opposto: mirano a rendere le persone consapevoli delle proprie dipendenze, dei legami che impediscono di sintonizzarsi con la parte più vera e profonda di se stessi.
Come possiamo connetterci con noi stessi se guardiamo lo schermo dei nostri device digitali oltre duemila volte al giorno?
L’uso dei cellulari, per esempio, è limitato. E in generale meno si usano e meglio è.
È inutile venire in Ashram se poi si rimane connessi a tutto il caos e al rumore di fondo della propria vita di ogni giorno.
Se non si ha il coraggio e la determinazione di disconnettersi da tutto questo, l’esperienza in Ashram sarà sterile. E per quanto in genere sia economica, sarà in ogni caso un’enorme perdita di tempo.
In Ashram non vengono serviti alcolici e la dieta è vegana.
Questo non implica un giudizio negativo sul consumo di carne, alcol e sigarette.
Ma se non siete in grado di farne a meno per una settimana, forse più che la libertà cercate catene e dipendenze.
Tuttavia, consapevoli dei disturbi che l’improvvisa rinuncia alla nicotina può comportare, ai fumatori viene offerta un ameno “refugium peccatorum”. È possibile dunque sfruttare gli oltre 4 ettari di bosco per appartarsi e godersi la propria sigaretta lontani dall’Ashram e da chi potrebbe non condividere la stessa passione.
Basta che poi gettiate il mozzicone nella pattumiera e non incendiate la vegetazione.
L’Ashram è un luogo di lavoro e di impegno, dicevamo.
Prevede una routine quotidiana che stimola a essere sempre in movimento.
Il programma è pensato per impegnarvi di continuo.
La lezione di Asana, il Karma Yoga, la pratica di Yoga Nidra, la pratica di Pranayama, i seminari tematici, la lettura e discussione di testi.
Alla sera, dopo la cena e una breve pausa, il canto dei Kyrtan e la “meditazione guidata”.
Sono davvero pochi i momenti di inattività.
Eppure una settimana in Ashram ricarica corpo, mente e spirito di energie in un modo inimmaginabile per chi è abituato ad associare “il ricaricarsi” alla totale passività.
Questo è solo in parte ascrivibile alla dieta vegana.
È soprattutto la “dieta dell’ego” a permettere di ricaricarsi.
Per sei giorni non dovrete dimostrare niente a nessuno. In ogni pratica sarete incoraggiati a cercare voi stessi e ciò che davvero è importante per voi.
Non la “performance”, non l’approvazione.
L’Ashram è sicuramente un luogo per cercatori. Non d’oro ma di quanto è più prezioso e trascurato: se stessi.
Se questa ricerca vi interessa, trovate l’elenco degli appuntamenti qui